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Nel XII secolo, Ottone di Frisinga, accompagnando Federico I in Italia, restò sbalordito dalla capacità delle città italiche di imporsi sul territorio circostante. Molto più tardi, negli anni '60 del secolo scorso, Ernesto Sestan evidenziava che il particolare rapporto tra le città comunali e la campagna circostante era uno degli elementi che più aveva differenziato il panorama italiano dal resto dell'Europa. Per quali motivi le città comunali italiane furono spinte a creare e a consolidare nel corso del XII e XIII secolo un distretto territoriale posto sotto il loro controllo? Con quali meccanismi? Quali le conseguenze sul territorio circostante il centro urbano? Al fine di rispondere a queste domande, Reggio Emilia risulta un caso di studio particolarmente interessante per diverse ragioni: l'abbondanza delle fonti utilizzabili, la condizione in cui si trovò il Comune urbano, obbligato a sostenere un difficile confronto con la forte aristocrazia rurale un tempo legata a Matilde di Canossa, e, infine, un territorio diocesano difficile da controllare, allungato dal crinale appenninico fino al corso del Po. Il volume ribalta la visione tradizionale di un'aristocrazia matildica monolitica e contrapposta al centro urbano, ma fa anche emergere la fragilità del distretto comunale, messo in discussione dal complicarsi della situazione politica in seno alla città già dalla prima metà del XIII secolo. La politica territoriale comunale uscì da questa fase di transizione profondamente ridefinita e ridimensionata, immersa in un clima sociale urbano di forte tensione, che condusse inevitabilmente ai governi signorili instauratisi dalla fine del Duecento in poi.